WHISTLEBLOWING – “Il ‘fischietto’ contro le irregolarità nella P.A.”

Nel 1986 il Congresso americano, ispirandosi al Lincoln Act, promulgò il False Claim Act. Questa legge introdusse nell’ordinamento americano lo strumento giuridico del whistleblowing, grazie al quale il Tesoro, fino ad oggi, ha recuperato oltre 60 miliardi di dollari dalle aziende che hanno adottato comportamenti fraudolenti nei confronti del governo.

Ma cosa si intende per whistleblowing? I whistleblowers sono coloro che segnalano all’autorità la presenza di un fenomeno corruttivo nella propria azienda. L’importanza di questo istituto si rende evidente innanzitutto dal risparmio di risorse al quale si è giunti ma ritengo abbia una validità anche dal punto di vista etico. Qui non si tratta di alimentare una cultura del sospetto, che troppo spesso viene tirata in ballo senza causa, ma di educare alla vita pubblica e al rispetto della legge.

Caratteristica del whistleblowing anglosassone, introdotto recentemente anche in Francia, è l’elemento della premialità ma questo elemento, presente nella proposta di legge 1751 presentata al Parlamento nel 2013 su iniziativa dell’On. Francesca Businarolo (M5S), non sarà introdotto nel testo conclusivo della legge.

Nel 2012 la Legge Anticorruzione n.190 (c.d. “Legge Severino”) introdusse diversi elementi del whistleblowing – la ‘soffiata’ dei dipendenti pubblici sulle irregolarità all’interno del proprio ufficio – nel nostro ordinamento, anche se quello che venne realizzato fu un istituto che non trovò terreno fertile a causa anche di un ostacolo culturale, in quanto, parafrasando il presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, nel nostro paese, purtroppo, chi collabora con la giustizia finisce per essere considerato spesso un personaggio non affidabile, innanzitutto da parte degli stessi colleghi.

Per dare risposta alle crescenti richieste dell’opinione pubblica e non solo, nel 2016 la PA ha introdotto la possibilità per i dipendenti pubblici di ricorrere ad un modulo on-line da compilare per effettuare la segnalazione di eventuali illeciti. I primi risultati sono incoraggianti, infatti lo stesso presidente dell’autorità Anticorruzione ha affermato che nei primi 5 mesi di quest’anno sono state ricevute 263 segnalazioni rispetto alle 252 dell’intero 2016. Arrivano in maggioranza (per il 75%) dalle prime linee della pubblica amministrazione (impiegati, insegnati e personale sanitario); molte meno quelle dagli alti livelli della P.A., dirigenti, responsabili della prevenzione della corruzione, militari. Le attività più esposte sono gli appalti, l’attribuzione di incarichi, i concorsi pubblici e i danni erariali. L’istituto del whistleblowing fa fatica ad essere inserito nel nostro panorama culturale, ed è per questo che è necessario avere una legge. Non è un caso che non riusciamo a trovare nemmeno un nome in italiano, infatti tutte le parole tradotte dall’inglese finiscono per avere una connotazione negativa.

Finalmente, dopo anni di richieste da parte di alcuni parlamentari, dell’ANAC, di associazioni come Transparency International e Riparte il Futuro, di petizioni dei cittadini e interventi nei talk show televisivi, giovedì 12 ottobre scorso la Camera ha discusso il provvedimento sul whistleblowing, al quale sono state presentate 65 proposte emendative. Il testo è passato al Senato che mercoledì 18 ottobre ha dato il via libera al disegno di legge con 142 sì, 61 no e 32 astenuti. In dichiarazione di voto si sono detti favorevoli PD, M5S, Misto, Ap; la Lega ha annunciato l’astensione; i voti contrari sono stati delle varie anime del centrodestra a Palazzo Madama: Gal, Ala e Forza Italia. Il provvedimento ora tornerà alla Camera ma il timore di molti è che la legge non venga approvata entro questa legislatura.

Ma cosa prevede la legge? La legge prevede in sostanza la tutela dell’identità e la protezione contro eventuali ritorsioni sul lavoro e atti discriminatori per chi segnala reati o irregolarità nel lavoro pubblico o privato. Il provvedimento ha due soli articoli e prevede che il dipendente, pubblico o privato, che segnala all’Autorità nazionale anticorruzione, o denuncia all’autorità giudiziaria condotte illecite, di cui è venuto a conoscenza grazie al proprio rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa che potrebbe avere effetti negativi. Inoltre non hanno nessun valore eventuali atti discriminatori o ritorsivi adottati dal datore di lavoro. L’identità del segnalante non può essere rivelata. Mentre spetta al datore di lavoro dimostrare che le misure discriminatorie sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione.

Certamente, il provvedimento in oggetto, disciplina un ambito complesso i cui impatti andranno monitorati per meglio calibrare in prospettiva la disciplina ma dal momento che la corruzione ha un impatto altamente negativo non solo sul PIL del nostro paese ma anche sulla concezione stessa dello Stato da parte dei cittadini e quindi sulla credibilità e professionalità della nostra classe dirigente, una legge come questa, seppur perfettibile, può contribuire al miglioramento della qualità complessiva della vita sociale ed economica.

Personalmente, la speranza più grande, è quella che la mentalità dei cittadini cambi; che in ogni ambiente non vinca più l’omertà e la furbizia ma l’onestà e il buon senso; che la coscienza civica di ciascuno sia viva e operosa; che gli italiani possano realmente lavorare insieme per combattere ogni forma di malaffare, innanzitutto sul posto di lavoro.

 

Luca Gaudiosi
Responsabile Ufficio Stampa & Social Media, Consigliere Cda Nazionale BeGov

 

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