Il 1997 è l’anno in cui si pone la prima pietra nell’ambito di una edificazione che interesserà, poco più tardi, la comunicazione e la circolazione di notizie. Infatti proprio sul finire del secolo scorso nasce il primo social network, finalizzato alla creazione di un nuovo sistema d’ incontro virtuale che si pone l’obiettivo di mettere in contatto diverse persone sparse sul pianeta. Sarà però solo col nuovo millennio che i social network troveranno terreno fertile per affermarsi con tutta la loro portata innovativa.
Ciò che principalmente verrà trattato in questa sede, circa il “nuovo universo” che maneggiamo quotidianamente, è soprattutto la relazione che questo è andato via via ad instaurare con ulteriori realtà sociologiche.
A cavallo tra gli ultimi due secoli, infatti, più precisamente in un periodo che va da Tangentopoli alla crisi economico-politica che comporta la caduta del governo nel 2011, c’è un altro processo sociale che va ad interessare il nostro Paese, in particolare parliamo di una crisi di rappresentanza (tema già qui brillantemente affrontato), che segna un azzoppamento con conseguente invalidità permanente della classe politica e un crollo sistematico della fiducia partitica. L’impatto che tale processo ha sul tessuto sociale e sulle coscienze degli elettori ha come conseguenza l’esaltazione della lotta alla cosiddetta “casta”.
È proprio in quest’ultimo decennio che questi due fenomeni, l’uno tendenzialmente conseguente allo sviluppo tecnologico e l’altro figlio del mutato rapporto cittadino-istituzione, trovano una vera e propria simbiosi diventando il primo contenitore del malumore che accompagna il secondo. Una simile adiacenza si ebbe, con le dovute proporzioni, più o meno intorno all’800 su buona parte del territorio europeo, ma in quel caso il risultato portò a far albeggiare un domani più moderno: fu l’avvento della Rivoluzione industriale.
Tornando ai nostri giorni sta di fatto che le conseguenze sono assai diverse: un’informazione a portata di mano, l’interesse alla cronaca e all’attualità che abbatte le linee generazionali, la capacità/necessità di palesare la propria idea rispetto a qualunque notizia. Fattispecie quest’ultima che diventa sempre più ormai a suffragio universale.
Ben presto però si arriverà ad una distorsione di tale meccanismo.
Succede infatti che col dilagare del malcontento politico l’utilizzo dei social diventa altro, qualcosa che somiglia al “forcone che il popolo oppresso aizza contro i potenti”, una sorta di gigantesca piazza in cui condividere i problemi comuni, confrontarsi sui contenuti e perché no, magari anche cercare di risolverli. E si sa: le piazze si caratterizzano per quel metodo tutto loro e abbastanza funzionale di mettere in circolo l’informazione, se poi è “originale” ancora meglio, significa che non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dell’arco scocca vola veloce di bocca in bocca come cantava De Andrè nel 1967, quando il tema delle fake news assumeva contorni certamente meno tecnologici. Ed ecco che la piazza del web trova l’occasione per trasformarsi in una fabbrica di notizie che, pur di essere originali ma soprattutto funzionali alla propria teoria, vengono inserite nel ricettario della “rivoluzione online”. Ecco allora come tale funzionalità diventa generatrice di falsità, diventa la spinta principale per andare a far vacillare quei centri di potere considerati troppo distanti e disinteressati dai problemi della vita reale. É questo il fenomeno che oggi rappresenta l’iceberg per la nave della democrazia e che sempre di più mette in pericolo la genesi di un pensiero emancipato da quello facilmente portato da piccioni viaggiatori, un pensiero che fa fatica a formarsi in maniera pulita e su una candida rappresentazione della realtà.
Negli ultimi anni la lotta alle cosiddette “fake news” è diventata un tema caldo, nonostante in Parlamento una vera e propria discussione in merito non ci sia ancora stata. É invece notizia delle ultime settimane che Facebook, social network nato in Usa nel 2004 e che si afferma tra i più utilizzati, decide di scendere in campo e lo fa mettendo a disposizione una serie di rimedi, più o meno utili.
Il primo strumento introdotto riguarda la verifica delle notizie che vengono condivise. Quando un post conterrà un link a una possibile fake news, chiunque potrà segnalarlo a Facebook che avvierà il processo di controllo affidandosi a Pagella Politica, sito dedicato al fact-checking delle dichiarazioni dei politici. Se Pagella Politica esprimerà un giudizio negativo su una determinata notizia questa non verrà cancellata ma verrà penalizzata dall’algoritmo, diventando meno visibile per gli utenti. Facebook inserirà anche un link all’analisi del fact-checker e, con una notifica, segnalerà agli utenti che avranno condiviso, o che cercheranno di farlo, la falsità della notizia.
Il social network ha anche messo a disposizione sulle bacheche dei suoi iscritti, oltre che nel Centro assistenza di Facebook, il decalogo realizzato in collaborazione con Fondazione Mondo Digitale per imparare a riconoscere i siti e le informazioni sospette. Attraverso dieci utili suggerimenti, che verranno pubblicati a pagamento anche su alcuni dei principali quotidiani italiani, le persone vengono supportate nell’individuazione di notizie false e nel prendere decisioni più informate.
Infine, per i candidati e i partiti politici, Facebook ha lanciato il servizio Security Megaphone con l’obiettivo di spiegare l’importanza, per esempio, dell’autenticazione a due fattori, e il sito web Facebook Elections, riservato ai politici, per rendere facilmente accessibili le linee guida, i suggerimenti e le best practice nell’utilizzo della piattaforma.
I prossimi giorni, che in Italia coincideranno con la campagna politica, ci diranno se tali strumenti saranno bastevoli e vincenti per la guerra alle fake news, ma soprattutto ci diranno se il processo di democratizzazione può dirsi o meno in pericolo per gli anni a venire.
Una cosa è certa: fin quando permarrà la circolazione di notizie false con la conseguente creazione di un’informazione inverosimile, non si potrà dire di essere in un Paese pienamente democratico.
Raffaele Leone
Resp. HR BeGov presso UMG Catanzaro