La Cina non vuole più riciclare le nostre plastiche, caos in Europa

Ormai dagli anni ’80, le politiche europee in materia di protezione dell’ambiente e delle risorse naturali hanno assunto un’importanza sempre maggiore; ciò è dovuto al fatto che le minacce di danno ambientale e di esaurimento delle risorse sono lungi dall’essere sotto controllo.

Di conseguenza è stata fortemente potenziata la gamma di misure disponibili per la politica ambientale che spaziano dalla legislazione agli strumenti finanziari. In particolare, il trattato di Amsterdam ha consacrato il principio dello sviluppo sostenibile e di un elevato livello di protezione ambientale come una delle priorità principali.

Sicuramente in questo contesto si colloca il grande e incombente problema della gestione dei rifiuti per tale intendendosi l’insieme delle politiche, procedure o metodologie volte a gestire l’intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro destinazione finale (trasporto e trattamenti di riciclaggio o smaltimento).

Politiche che hanno visto abbandonare sempre di più l’idea dello smaltimento dei rifiuti e dell’incenerimento degli stessi (visto le sempre più sature discariche europee e la scarsa presenza di inceneritori nei vari Stati) dirigendosi verso una particolare attenzione per la raccolta differenziata e il riutilizzo dei rifiuti.

Ed è qui che si sono instaurati, e mantenuti negli anni, rapporti con Pechino che, secondo dati dell’ONU, ha importato dai Paesi industrializzati — compresi Europa, Usa e Giappone — milioni di tonnellate di rifiuti tra cui plastica, carta, metalli; materiali che, dopo la rigenerazione, tornano in Europa e negli Usa sotto forma di imballaggi dei prodotti cinesi.

Come già annunciato in estate, a gennaio 2018, la Cina ha mantenuto la promessa e ha deciso di bloccare l’import di rifiuti dall’UE in accordo con la campagna contro la yang laji, la spazzatura straniera, un mercato stimato nel 2016 in 17 miliardi di dollari (altri 4,6 miliardi la sola Hong Kong) soprattutto da Europa e Usa. La Cina ha deciso di cessare di essere la pattumiera del mondo occidentale perché il mercato europeo dei prodotti rigenerati è troppo piccolo rispetto all’offerta smisurata di materiali da riciclare.

La reazione dell’UE a questa notizia si ritrova nel comunicato stampa emesso il 16 gennaio dalla Commissione Europea “Rifiuti di plastica: una strategia europea per proteggere il pianeta e i cittadini e responsabilizzare le imprese”.

L’ obiettivo dell’UE è duplice: da un lato tutelare l’ambiente e dall’altro porre le basi per una nuova economia delle materie plastiche, in cui la progettazione e la produzione rispettano pienamente le necessità del riutilizzo, della riparazione e del riciclaggio e in cui vengono sviluppati materiali più sostenibili.

E come procedere in questa direzione?

  1. Rendendo maggiormente redditizio il riciclaggio per le imprese sviluppando nuove norme sugli imballaggi al fine di migliorare la riciclabilità delle materie plastiche utilizzate sul mercato e accrescere la domanda di contenuto di plastica riciclata.
  2. Riducendo i rifiuti di plastica, in tale senso la normativa europea ha già determinato una significativa riduzione dell’uso di sacchetti di plastica in diversi Stati membri
  3. Intervenendo con finanziamenti ulteriori pari a 100 milioni di EUR per lo sviluppo di materiali plastici più intelligenti e più riciclabili, per processi di riciclaggio più efficienti e per tracciare e rimuovere le sostanze pericolose e i contaminanti dalle materie plastiche riciclate.
  4. Lavorando con i suoi partner in tutto il mondo per proporre soluzioni globali e sviluppare standard internazionali.

Sono misure sicuramente intelligenti, ma siamo sicuri della loro efficacia, soprattutto se arrivano ora, quando il disastro è ormai in pieno sviluppo?

Sicuramente è una buona occasione per fare delle pulizie necessarie (anche in casa nostra che è stata meta dei rifiuti europei destinati all’incenerimento) ma se vogliamo fare qualcosa di serio per andare verso l’economia circolare, dobbiamo prendere coscienza che è una direzione che implica dei costi: è inutile vomitare fiumi di parole sull’emergenza rifiuti e la riduzione dei  consumi di plastica se poi si imposta  un caso nazionale per l’introduzione di  una tassa di 2 centesimi al sacchetto.

Altrimenti si rischia di ritornare indietro sui nostri passi, incentivare nuovamente l’uso di inceneritori, con incuranza della salute della popolazione e della necessità di riciclare e risparmiare sulle materie prime.

È un equilibrio precario ma, d’altronde, i problemi non possono essere risolti diversamente se si affrontano solo sotto la spinta delle emergenze.

 

Ilaria Pagliaro
Vice Responsabile di sede BeGov UMG Catanzaro

 

http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2018-01-12/la-cina-blocca-l-import-rifiuti-caos-riciclo-europa-160732.shtml?uuid=AELQpUhD
https://ec.europa.eu/environment/efe/themes/waste_it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *